Sempre pronti? 10 esercizi da fare in casa

L’attività fisica, praticata con continuità, può essere la chiave per tenersi in forma quando non si ha la possibilità di svolgere l’abituale allenamento in palestra. Ecco un video con una serie di esercizi pensati da un allenatore della Fitet per essere svolti anche con poco spazio a disposizione e senza disporre di attrezzature particolari

Il fuoriclasse tedesco Timo Boll al lavoro sul cicloergometro

Come si fa a rimanere attivi e tonici, quando non si ha la possibilità di svolgere il nostro classico allenamento in palestra? Quando il tavolo ci è precluso e non possiamo uscire di casa?

Serve un piano di lavoro quotidiano (o a giorni alterni). Possibilmente studiato da un addetto ai lavori qualificato, che sia un preparatore fisico laureato in scienze motorie ma che conosca bene il nostro sport. Abbiamo avuto la fortuna di trovare queste caratteristiche in Valerio Romanò, tecnico Fitet che allena i ragazzini della sua società, il TT Saronno, ma anche quelli selezionati per i raduni regionali della Fitet Lombardia, con la quale collabora. Valerio ha anche il pregio di essere diplomato in osteopatia e quindi quando pensa alla preparazione fisica di un atleta, giovane o meno che sia, ha in mente non solo il miglioramento della performance ma anche la prevenzione degli infortuni. Cosa che, come è facile immaginare, non guasta.

Valerio Romanò, tecnico Fitet, durante uno dei raduni giovanili regionali della Lombardia
Valerio Romanò, tecnico Fitet, durante uno dei raduni giovanili regionali della Lombardia

Anche lui chiuso in casa in questo periodo difficile ha approfittato di un angolo del suo cortile per girare con il telefonino un ciclo di 10 esercizi pensati per pongisti che vogliono mantenersi in forma, hanno poco spazio e non dispongono di attrezzature.

“E’ un circuito per chi non ha problemi fisici” specifica come prima cosa Valerio, come dicevamo, attento alla prevenzione. Dunque tenetene conto e quando vi cimentate, affrontate gli esercizi con prudenza, senza esagerare.

In questo “circuito domestico” sono impegnati in particolare gli addominali, fondamentali per l’efficacia e la prevenzione in qualsiasi sport, e gli arti inferiori che, sorreggendo tutto il nostro corpo, indirizzano e orientano la direzione di ogni azione motoria. L’ultimo esercizio prevede anche la combinazione motoria, ossia la capacità di compiere due o più azioni contemporaneamente o in successione. E’ il più complesso, va affrontato con particolare prudenza, ma è proprio il tipo di esercizio che simula problematiche tipiche degli sport di situazione, come il tennistavolo

I primi 4 esercizi sono di riscaldamento. E possono diventare una bella abitudine da portarsi appresso quando potremo riprendere allenamenti e partite. Gli altri 6 esercizi costituiscono un unico circuito che va fatto rifiatando 30 secondi tra un esercizio e l’altro. Ecco la serie, illustrata nel video dallo stesso Valerio, che esegue gli esercizi.

  • 1) Squat:20 ripetizioni. Ogni 5 aumentare la velocità
  • 2) 2 minuti di attivazione aerobica: corda o skipp o cyclette
  • 3) Mobilità e attivazione addome: 10 ripetizioni lente
  • 4) Mobilità anche e colonna: 10 ripetizioni lente
  • 5) Passi laterali più balzi: 45 secondi
  • 6) Spinte per tricipiti. Su 2 bottiglie (scapole vicine). 20 ripetizioni
  • 7) Plank dinamico, 45 secondi
  • 8) Addominali “Twist”, 30 secondi
  • 9) Plank più tricipiti, 30 secondi
  • 10) Affondi balzati, 10 per gamba
Ecco il video con i 10 esercizi per farsi trovare pronti alla ripresa dell’attività sportiva

N.B. chi nella parte finale dovesse patire eccessivamente la fatica addominale può invertire l’ordine degli ultimi due esercizi.

In base al livello di condizione in cui ci si trova al momento in cui si decide di cimentarsi nel circuito Valerio suggerisce:

Livello base: eseguire il circuito una sola volta a giorni alterni.

Livello medio: eseguire il circuito due volte di fila a giorni alterni

Livello alto: eseguire il circuito tre volte di fila a giorni alterni

A fine allenamento è fondamentale dedicare almeno 10 minuti allo stretching di tutti i distretti.

Nei giorni in cui non viene effettuato il circuito, chi è particolarmente abile e tonico può mantenere il riscaldamento e inserire dei piegamenti sulle braccia (magari cambiandone il tipo ogni giorno che vengono eseguiti) alternati ad un esercizio di equilibrio.

Ecco dunque una proposta di “lavoro” e passatempo per tutti coloro che vogliono farsi trovare pronti alla ripresa del gioco, indipendente dall’età e dal livello di gioco. Non è troppo specifica: lavorare sulla mobilità articolare e sul tono di addominale e arti inferiori fa bene ai praticanti di qualunque disciplina. Non è all’acqua di rose: vedrete che i 45 secondi di “passi laterali più balzi” non sono uno scherzo. E nemmeno i 45 secondi di plank con i piedi in movimento. Specie se siete pongisti di livello regionale e di solito il tempo libero che avete lo dedicato tutto agli schemi sul tavolo e alle partite riservando solo le briciole alla prepazione fisica.

Ma Long, per me sempre numero uno…

A tutt’oggi il giocatore che trovo più interessante in assoluto resta il cinese Ma Long: la completezza tecnica, la qualità fisica e il fatto che alla fina risulti sempre l’uomo da battere nonostante un piano di gioco molto lineare e senza troppi fronzoli me lo fa imparentare a quello che , tennisticamente, è un mix tra Djokovic e Nadal.

Compirà 32 anni il prossimo 30 ottobre e ha un palmares impressionante: lascindo perdere i titoli a squadre e in doppio vata l’oro olimpico conquistato a Rio nel 2016 e i titoli mondiali di Suzhou 2015, Dusseldorf 2017 e Budapest 2019.

Il brivido del “top”

Noi ci vergogniamo un po’ a chiamarlo ping pong. Loro, che sono i maestri, invece lo conoscono solo così. In Cina pronunciano con la “o” che si apre quasi in una “a” e la g” alla fine non si sente più: ping pan.

Così il nostro punto d’incontro tra uomini e racchette, luogo dove raccontare gli uni e le altre, l’abbiamo chiamato Ping Pong Magazine. E ne abbiamo trovata pronta una spettacolare sintesi visiva nello storico francobollo della Repubblica Popolare con l’effige di Jan–Ove Waldner, il fuoriclasse svedese, campione mondiale e olimpico a cavallo del Millennio, il primo straniero di sempre a meritare un simile onore. Non tra gli sportivi: in assoluto. Uno straordinario incontro tra culture sportive che si rispettano nel momento in cui esprimono eccellenza in un’arte condivisa.

Ping Pong Magazine nasce per raccontare gli uomini e le racchette protagonisti di uno sport olimpico, praticato e riconosciuto ad altissimi livelli in gran parte del globo e in particolare nelle nazioni oggi trainanti: Cina e Germania.

Uno sport che in Italia è molto conosciuto nella sua dimensione di passatempo da oratorio o stabilimento balneare (allora lo chiamiamo ping pong) e per nulla nella versione “tennistavolo”, disciplina sportiva, regolata da una Federazione (Fitet) affiliata al Coni, con tornei individuali e campionati a squadre. E classifiche computerizzate. Così succede che i tesserati in Germania siano più di 800mila e da noi poco più di 10mila.

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Eppure chi ha provato il brivido di tirare un “top” bello carico, di mascherare l’effetto di un servizio, di far affossare la palla all’avversario con un palleggio tagliatissimo, sa che il ping pong, quando ti prende, ti prende. E non ti molla più. E’ tecnica e velocità, astuzia e tocco vellutato, gambe d’acciaio e sangue freddo, potenza e coordinazione, strategia e riflessi.

Può giocarlo uno di 8, come uno di 88 anni, ciascuno contro i coetanei ma anche uno contro l’altro. Da fermo o volando da un angolo all’altro del tavolo. Da giovane ti insegna la disciplina dell’allenamento e ti spara in vena l’adrenalina del torneo. Da “veterano” ti obbliga tenerti in forma senza distruggerti tendini e giunture. Ci sarà un motivo se di punto in bianco, ai tempi di Mao Tse Tung, i cinesi l’hanno scelto come sport nazionale. Fino a diventarne i maestri assoluti.

Dicono che è come giocare a scacchi correndo i 100 metri. Di sicuro è lo sport che più assomiglia a un videogame. E’ ora che anche in Italia impariamo a conoscerlo nella sua dimensione piena e affascinante: quella della Cina e di Jan-Ove Waldner. E della Germania di Timo Boll, del Giappone di Mizutani, della Francia, della Corea, della Russia, della Svezia, del Portogallo, della Grecia…

Provare a giocarlo con un buon istruttore significa innamorarsene. Per la vita. Come è capitato a noi. E a tutti i pongisti che vi faremo incontrare in queste pagine.

Chiederemo loro di raccontarci le loro storie, le loro racchette e di darci anche dei consigli per diventare giocatori sempre più abili. Appuntamento qui, sul tavolo di Ping Pong Magazine.